Dottore cosa mi ha fatto? La protesi dell’anca

Al termine degli interventi chirurgici, quando il paziente ritorna in camera, mi sento spesso dire: “Dottore cosa mi ha fatto?”, ed io rispondo: “La protesi dell’anca”.

Spesso ho l’impressione che il paziente dopo l’intervento si sia dimenticato tutto ciò di cui abbiamo discusso insieme prima dell’operazione e mi chiedo se ciò dipenda dallo stress che l’operazione comporta per il paziente o dal mio modo di comunicare, forse troppo tecnico a volte.

Ecco perciò cos’è la protesi dell’anca.

È la sostituzione di quella parte dell’osso del femore e del bacino che si è danneggiata a causa dell’artrosi con un “nuova giuntura” che riproduce la meccanica dell’anca originaria.

È come sostituire il cardine di una porta arrugginita con uno nuovo.

La protesi consiste principalmente di due componenti: una componente si posiziona nel femore e una si sistema nel bacino. La componete che va nel femore è un fittone che si fissa al femore, e si chiama stelo. Sullo stelo si posiziona una sfera che crea il movimento con il bacino. La componete che va fissata nel bacino è una coppa e su di essa si muove la sfera del femore.

 

Lo stelo e la coppa sono solitamente in titanio e possono essere fissate all’osso o ‘a battendo’ (come un chiodo o Fischer) o cementandole all’osso. Perciò, esistono protesi cementate e protesi non cementate.

Le protesi cementate sono la soluzione riservata ai pazienti con osteoporosi.

La testa del femore solitamente è di ceramica e l’interno della coppa può essere di ceramica o di polietilene (impropriamente detta plastica).

 

Durante l’operazione di protesi d’anca posso avvalermi o meno dell’assistenza robotica, ma in entrambi i casi ho il controllo dei parametri di posizione del femore e dell’anca. Opero un’incisione anteriore che permette di salvaguardare i muscoli adiacenti alla protesi ed è questo a consentire una ripresa post operatoria più rapida con l’inizio della riabilitazione già pochi giorni dopo l’operazione.

 

Quali sono le possibili complicanze in cui possono incombere i pazienti? Quelle di tutti gli interventi chirurgici: le infezioni e la lussazione (lo spostamento della protesi dovuta ai tessuti adiacenti non del tutto consolidati). Bisogna quindi prestare attenzione alle medicazioni e, d’accordo con il proprio medico curante, fare una cura con antibiotici; bisogna evitare alcune posizioni ‘estreme’ come la flessione ad angolo retto dell’anca operata o la rotazione dell’arto all’interno (le ginocchia non devono ‘guardarsi’).

Ecco qualche esempio dei movimenti da non fare:

  • chinarsi a raccogliere qualcosa da terra con il ginocchio esteso
  • accavallare l’arto operato sull’altro
  • chinarsi in avanti quando si è seduti
  • ruotare sulla gamba operata

 

Cosa fare dopo l’operazione?

Il paziente non deve evitare di camminare, anzi deve muoversi ed iniziare a farlo immediatamente, così che i muscoli non perdano il tono.

Meglio evitare sedie e divani bassi e meglio usare il rialzo su water e bidet per 3 mesi.

Per i primi 40 gg quando dorme deve posizionare un cuscino tra le gambe per mantenere le ginocchia leggermente flesse.

 

Ora, vi chiederete, quanto dura una protesi?

Una protesi può essere per tutta la vita, dipende dall’uso che un paziente ne fa e dipende dalle performance che il paziente richiede alla sua anca.

Un giovane tende ad usurare di più una protesi perché ha richieste funzionali elevate nella vita quotidiana e nello sport.

Un giovane che usa molto la sua anca dovrà fare dei controlli periodici ogni due anni mentre chi non ha alte performance può ridurre i controlli a ogni 3 anni.

 

Concludo con la frase di una paziente giovane (vicino ai 40 anni) che si è sottoposta a un intervento di artroprotesi d’anca: “dottore, la vita è adesso, pertanto non aspetto a diventare anziana per farmi una protesi… perché la protesi ha una durata e perdo tutte quelle belle cose a cui tengo: passeggiare, correre, sciare… ”.

 

 

 

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